A TEMPO DI VALZER

A tempo di valzer

Il Parco offre un po’ di respiro , nell’afa agostana. Anziani, cani e bambini cercano un luogo fresco, nella città-che-non –c’è. Le panchine sono quasi tutte occupate,  persino quelle mezze rotte; ne scorgo però una libera e soprattutto all’ombra. In quella accanto, sono già seduti due anziani. Il primo ha gli occhiali spessi, una camicia a righe con le maniche corte , un paio di sandali francescani: e se ne sta tutto curvo appoggiato sul suo bastone. L’altro,  alto e magro, indossa una tuta leggera , scarpe da ginnastica e un cappellino giallo con la visiera all’indietro. Sono abbastanza lontani da me, forse una decina di metri, ma posso sentire tutte le loro parole.

Faccio finta di scrivere ma trascrivo.

-Come sta, la signora?-

– Bene, mia moglie sta meglio, grazie._

– No, io dicevo tua madre!-

-Ah, quella? E chi l’ammazza, a 97 anni prende solo un’aspirina … Mica come me che  tre di pillole la sera e tre la mattina … –

– E mo’ dove abita?-

– Ma come … non te lo ricordi già più, è la terza volta che te lo ripeto, abita con noi a Coppito. A Coppito Due.-

-Ah, sì, è vero..e com’è,  la casa?-

– non ti ricordi proprio più niente..Eh? E’ un forno, soprattutto alla piastra dove stiamo noi…

-Eh, ci voleva proprio ‘sto terremoto.-

-Eh, già, ci voleva, proprio.-

Restano qualche secondo in silenzio. Passa un po’ di vento tra i pini, si sente un refolo fresco. Guardano entrambi in alto come a cercare un appiglio per continuare la conversazione. Lungo il sentiero di ghiaia   corre  una bella ragazza, in pantaloncini corti e cuffiette. Avanza veloce e nemmeno ci vede. Loro invece la guardano  e commentano con risatine, a bassa voce. Il signore con il cappellino giallo improvvisamente si alza, si sbraccia, gesticola:

-Ma sei tu, sei tu…t’ho riconosciuto dalla camminata …Madonna mia quanto tempo…-

Un  terzo uomo  si avvicina, frastornato come in uno di quei film di Sergio Leone e quei pochi metri sembrano infiniti. Anche lui ha gli occhiali spessi,la camicia a righe,  i sandali, e il bastone. Si abbracciano;  gli fanno subito posto,  sulla panchina.-

-No, mo’ abito  a Bazzano e ci metto un’ora per venire fino qui. Dietro alla mia macchina si fa una fila,  come ai matrimoni… Scappano, tutti. Vorrei proprio sapere perché. Vengo qui, compro il giornale e me lo leggo tutto, fino all’ultima riga. Com’è che non ci siamo mai incontrati?”

Sono in tre, adesso. Un bel gruppetto di vecchi amici.

– Quante camminate abbiamo fatto per il Corso, anche con il freddo e la tramontana, … te lo ricordi, frà?-

Ancora un lungo intervallo di silenzio.

-Andiamo a prendere un caffè –  propone il signore con il cappellino.

– ah, no, non posso …Il dottore  dice che…-

-Sì, il dottore ..il dottore …non t’ha imparato niente, il terremoto? Stavolta offro io ..prima che ci ripenso.-

–  beh, allora andiamo…-

– Eh, già…quando ci ricapita?-

Il terzetto si avvia, compatto, verso il chiosco.

Due passi ed un respiro. Due passi ed un sospiro. A tempo di valzer.

 

 

Patrizia Tocci                               L’Aquila,      Agosto 2012

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