Fiori di campo

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Ecco, per tutti voi che mi leggete con tanto affetto e stima, la mia Personale buona Pasqua.
LA valigia di Cartone n.6
“Ci sono delle pratoline secche, in un piccolo erbario, nella valigia di cartone. L’infanzia ha proprio quel colore: calzettoni bianchi, traforati, con l’elastico sempre un po’ cedevole, quelli della domenica mattina che dovevano restare bianchi ed era fatica e penitenza. Le gambe correvano veloci, si arrampicavano sugli alberi bassi, percorrevano i sentieri di terra e d’erba. Nei prati, zuppi di pioggia e d’acqua, nascevano le primule. Cespi di un colore latteo, i primi fiori della primavera, che aveva quel colore di certe mattine, slavato e liquido. Eppure già pieno di luce. Nascevano anche le prime viole, discrete e pensierose; sotto gli sterpi e sotto i rovi, nei luoghi più ombrosi. Le primule invece chiamavano il sole, lo invocavano che diventasse più forte e più alto nel cielo; presto sarebbero state soppiantate dalle margherite bianche, con il cuore di sole. Non so bene cosa pensassi allora. Difficile riacciuffare i fili dell’infanzia, quelle giornate che non avevano orari, quelle lunghe ere in cui si stabilisce un patto tra te e il mondo, in cui c’è una specie di dissipazione, accettata da entrambe le parti, con la motivazione ridicola ( ma questo lo capirai soltanto dopo) del “ sempre”. Le margherite dovevano attraversare la frontiera tra la primavera e l’estate. Per questo erano ben attrezzate, avevano un gambo robusto, radici profonde ed un bianco splendente, un giallo squillante. Avevano il compito di riempire i prati del fieno, competere con le spighe ed i papaveri. Fiori di campo, che si trovavano nell’erba alta o sui pendii sassosi, in mezzo alle sterpaglie, accanto alle rive del fiume. Ma io avevo stabilito un patto con l’azzurro. Amavo soprattutto i fiordalisi: il loro azzurro, tra l’indaco e il violetto, riflette proprio la purezza del cielo di montagna, soprattutto in certe giornate. Questo è il mio augurio per la vostra Pasqua: un cielo sgombro di nubi e sereno. Sotto qualsiasi cielo voi siate.”
Dedicato a tutte le Margherite e i fiordalisi che ho incontrato nella mia vita.La valigia di cartone n 6

Un albero di cachi ( Carboncino )

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Le città d’inverno sono più tristi, soprattutto quando piove. Le pareti delle case trasudano bagnate e le persone si rifugiano in quell’ombrello casupola spaziale che è la propria macchina. Sfrecciano, sull’ asfalto bagnato a notevoli velocità e innaffiano i malcapitati pedoni che transitano sui marciapiedi laterali, districandosi tra ostacoli di ogni genere, riparati a malapena dai loro piccoli ombrelli. Per fortuna ci sono ombrelli così colorati che mettono di buon umore e che scatenano la voglia di camminare. Anche in una giornata uggiosa. Gli alberi sono spogli, in gran parte. Le finestre tutte chiuse. Gli autobus hanno vetri appannati. Qualche sempreverde sembra volersi far perdonare di essere proprio lì, in mezzo al traffico. Mi piacerebbe incontrare un albero di cachi: sapere così, accettare che siamo dentro l’inverno. Vorrei vedere dietro i suoi rami senza foglie, carichi di piccoli soli, l’intonaco di una casa screpolato, marrone o rosa; una finestra chiusa sulla quale proiettare tutte le fantasie.
Ho bisogno di quell’albero e del suo silenzio: nascosto in uno dei cortili della città; ma potrei accontentarmi di un’immagine intravista da un treno in corsa, una casa di campagna appoggiata ad un passaggio a livello dove finisce anche il sentiero. Potrei trovarne uno lungo un vialone di città, nascosto in mezzo a qualche sempreverde. La bellezza di quei frutti disposti con stupenda armonia lungo quei rami, scabri, essenziali, senza fogliame! Ho bisogno di fare spazio, sospendere il flusso del tempo in un fotogramma che duri soltanto un secondo…Ho bisogno di quell’albero. Per convincermi, per accettare che sia trascorso ancora tanto tempo – un altro anno della mia vita, dice il calendario.
Perché il tempo ci sfugge, ci scappa dalle dita, si frantuma in mille piccoli rivoli di impegni quotidiani e non c’è tempo per fermarsi a respirare.
Un albero, un albero di cachi da incontrare.