Nero è il cuore del papavero. L’ avventura di una scrittrice.

Tabula fati edizioni. 2017

Tabula fati edizioni. 2017

mi piace scrivere e forse è cominciato da quando ho imparato a leggere. Non so se sia necessario per essere un bravo scrittore essere anche un lettore Ideale, come scriveva Calvino. Questo ultimo libro, che vi affido, contiene un po’ di me: anzi, tanto di me. Ma non è una autobiografia nel senso stretto del genere. E’ qualcosa di più. E’ dedicato a io padre, eppure non solo a lui. Attraversa in un lampo ( sono appena 112 pagine) vari decenni della mia vita. E tutto sembra li, vicino, a portata di mano. Non è un libro dedicato alla cultura contadina, o almeno non è solo questo. Si parla della vita e del tempo, dell’ infanzia e della vecchiaia, della vita e della morte. Eppure ci sono anche il dolore e la gioia, i papaveri a frotte sui ciglioni impolverate, e quelle illuminazioni che ci attraversano in un attimo e sembrano volerci spiegare il senso della vita… Ho impiegato 5 anni, gli ultimi 5 anni a scriverlo. E sarai tu che mi stai leggendo a decidere se quel messaggio nascosto tra le pagine era scritto proprio per te, se quei pensieri che sembrano miei invece ti appartengono, ti intristiscono o ti consolano, ti emozionano. Mi piacerebbe recuperare questo distacco che si crea quando un libro è stampato tra L’ autore e il lettore. In me sono sempre stati fusi insieme e non saprei distinguerli. Ogni volta che leggo un libro sento anche tutti gli altri libri che mi parlano. E’ una specie di biblioteca viva che mi portò nella testa e nel cuore. Vorrei che tu leggessi questo libro cercando gli altri libri che ci sono, che potessi sentirne i diversi strati, come quelli di un dolce: il friabile, il liquoroso, quello morbido o il duro e croccante del cioccolato. Mi piecerebbe piacerti. Aspetto le tue impressioni di lettura.
Ah, si chiama: Nero è il cuore del papavero.fresco di stampa per le edizioni Tabula fati: ha una prefazione di Paolo Rumiz, la copertina di Antonello Santarelli ; puoi trovarlo in tutte le librerie ed anche su Amazon e ibs.it.
( il costo è di 11 euro.
Va in giro con le sue gambe e si è presentato a Pescara, presso il Mediamuseum: a Roma, alla biblioteca Rugantino; all’Aquilla nell’ auditorium ANCE giovedì 11 maggio; a Pescara presso la Liberia feltrinelli il 20 Maggio ed ancora a Pescara , nell’ ambito del Rosadonna Festival il 27 Maggio)
Grazie, lettore o lettrice sconosciuta. Aspetto le tue impressioni di lettura, se vorrai.

Impressioni di lettura di Nero è il cuore del papavero ( mio ultimo libro )

Vorrei raccogliere qui, amici miei, i vostri contributi. Scritti di getto, magari senza pensarci troppo. Impressioni di lettura che arrivano così, senza pensarci tanto.
Mi scrive BIANCA MOLLICONE: “Sogniamo spesso un nostro diario intimo che ci restituisca l’immagine dei padri possibili, dei tempi perduti. Sei riuscita ad arare inesorabile i nostri cuori, poco da aggiungere alla prefazione di Paolo Rumiz”
ALESSANDRA COLAGRANDE: “Ci ho messo un po’ a finirlo. Non è stato semplice. A volte mi sono dovuta fermare.
Soprattutto lì dove racconti dell’ospedale.
Questo libro è una confessione e un diario, scandisce i sentimenti come una settimana santa, scava via tutto e riemergono ricordi, odori, parole e paure nascoste
Questo libro è una mano che esce dalle pagine e ti stringe la gola, ti manca il fiato e cerchi aria.
E quell’aria la trovi nelle stesse pagine, in un tempo lontano in cui tutto era diverso. È un viaggio nel passato, un passato che però coincide col futuro, un cerchio che gira su se stesso e non si chiude mai, ché da certe cose non puoi mai prescindere.
Il dolore insanabile della perdita di un padre. Un terremoto dell’anima, un evento che conosciamo troppo bene, ma uno ti toglie la terra sotto i piedi e l’altro di strappa via le fondamenta su cui poggia il cuore.
E c’è un prima e un dopo, e sempre sarà così. È una spaccatura che non si ricomporrà mai. Prima eri una cosa e poi ne sei un’altra, non c’è niente da fare, quella sedia resta vuota pure se la vita va avanti, come quelli a cui amputano un arto ma continuano a sentirlo e a provare dolore. Ed è un dolore indicibile
Il tuo libro ricompone un po’ i pezzi. Il puzzle si era disfatto, ogni pezzo aveva perso gli angoli, il libro li rimette un po’ a posto, ed è a forma di albero.
Perché un Padre è sempre un Padre.”
LUCIA VACCARELLA: IMG_5746

. “Un libro molto bello. L’ho finito subito, non perché l’ abbia letto in fretta, ma perché le pagine, la tua scrittura densa e poetica, mi chiamavano. E lo terrò sul comodino, per rimasticare i tuoi pensieri, quei tuoi pensieri che così tanto assomigliano ai miei nell’ humus, ogni volta che starò in silenzio alla ricerca di una piccola luce. Non è un libro per tutti, no. È un libro per chi si interroga e pensa. Un libro per chi cerca risposte al senso del proprio andare. Non è solo un atto d’amore grande per un padre che diventa il Padre, ma l’espressione della consapevolezza che ha significato non un tempo freccia, ma quello che è capace di curvare su di sé. Solo così non si perde nulla, solo di questo si può essere ricchi. È un libro nostalgico, ed io adoro la nostalgia perchè implica un ritorno e un approdo a ciò senza cui non potremmo essere ciò che siamo. “

Nero è il cuore del papavero di Patrizia Tocci

Nero è il cuore del papavero
È un libro che insegue le tracce della memoria, attraverso la figura di un padre che non c’è più, ma di cui restano i gesti, le parole, le abitudini. È la fine di un mondo contadino che s’intreccia ai profumi, agli odori, rumori, colori scomparsi dalla realtà ma non dalla memoria.
Attraverso questo dialogo dell’autrice con l’ombra del padre, riemerge una civiltà che sta scomparendo ma che ha formato le nostre categorie mentali. L’infanzia del padre e quella della figlia si confondono, si chiamano e si assomigliano, nel ritrovare radici universali e profonde.
Pagine da cui fuoriesce la neve, matura il grano, profuma e si sente crescere l’erba: con sentimenti duri come il mallo di una noce e limpidi come l’acqua delle sorgenti montane, in un continuo passaggio tra presente e passato, in un legame tenuto in piedi dagli alberi, dalle primule che rinascono testarde, dai papaveri che continuano a splendere per una notte sola.
Sostanzialmente un viaggio nelle dimensioni interiori del tempo, in cui il presente ritrova nel passato il filo conduttore dell’esistenza e lo utilizza per fare spazio al futuro.

Copertina di Antonello Santarelli

[ISBN-978-88-7475-547-9]

Pagg. 136 – € 11,00
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un viaggio nella memoria con Livia de Pietro

Recensione  libro :”I gigli della memoria” di Patrizia Tocci, edizione Tabula Fati Solfanelli Chieti 2012

E’ un libro che si compone di due parti e una postfazione.  Nella prima sono raccolte 55 testimonianze  di persone che raccontano le prime dodici ore della loro seconda vita, cioè quella immediatamente successiva al terremoto del 6 aprile 2009, quando, alle ore 3.32 del mattino, una forte scossa di magnitudo Richter pari a 5.8 colpì la città di L’Aquila e i suoi dintorni. Gli effetti di quel terremoto, come sappiamo , sono stati particolarmente distruttivi in prossimità dell’epicentro, con numerosi morti e feriti, diverse decine di migliaia di sfollati e danni soprattutto concentrati alla città dell’Aquila. La seconda è praticamente un viaggio nella memoria e nell’identità aquilana dal tempo successivo al terremoto fino  ad oggi. E’ insomma un libro scritto con stile autobiografico in cui il tema della morte è il motivo conduttore. Straordinaria è  la capacità  di ricordare i fatti con ricchezza di particolari. Il libro è permeato da una grande umanità e da un grande amore per la vita anche nei momenti più bui e dolorosi.

Il racconto della memoria è un genere letterario che può essere descritto in vari tipi di trasposizioni stilistiche (poesia, prosa ecc.) e narra di ricordi reali avvenuti nell’esistenza di una persona o di un popolo che l’ha segnato in maniera particolare. Grandi esponenti del racconto della memoria sono, nella letteratura italiana Primo Levi, Ignazio Silone e Italo Svevo. Se questo genere tende solitamente a essere prevalentemente descrittivo, si rivela spesso e volentieri una lettura dell’anima, dei ricordi, dei momenti importanti della vita di una persona.

Il racconto della memoria è talvolta fatto coincidere con il genere autobiografico nonostante le differenze tra i due generi: mentre l’autobiografia assume interesse per un personaggio di rilievo (storico, letterario, scientifico, ecc.) la memoria può essere interessante anche quando proviene da personaggi privi di qualsiasi rilievo, perfino illetterati, dal momento che essa attinge valore dal suo essere testimonianza di un’epoca, di un ambiente sociale, di un periodo storico, di un costume linguistico, ecc. Esempi ne sono le memorie scritte da spettatori minori di eventi storici, come soldati semplici, servitori di personaggi storici, vittime o superstiti di eventi storici, deportati in lager. In questo caso, l’autrice riporta esempi di semplici cittadini colpiti dalla tragedia.

E’ evidente che in questo libro balza subito agli occhi l’importanza della memoria. Oggi, quando si parla di memoria nel campo letterario, ci si riferisce ad alcuni contenuti, ad esempio ai momenti più tragici della storia del XX secolo, con i suoi campi di sterminio, i suoi micidiali strumenti di repressione, i suoi totalitarismi. Il genere letterario della memoria diventa allora l’esigenza etica di non dimenticare, come atto di giustizia e di responsabilità verso le vittime, come impegno a vigilare perché orrori simili non si ripetano. La funzione e l’importanza della memoria fu per prima riconosciuta dal filosofo francese, Henri Bergson voce autorevole in patria e massimo esponente dello Spiritualismo ottocentesco. Fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1927, il quale diceva. «Noi siamo il nostro passato», ed esso non può essere recuperato con altro sistema se non attraverso il meccanismo della memoria.  Ecco allora che, leggendo “i gigli della memoria” si avverte una tenace fede nella letteratura come memoria, un veicolo verso una presa di coscienza anche se avviene per vie tortuose e dolorose. E’ l’autrice stessa che inequivocabilmente conferisce questo obiettivo alla sua scrittura e lo dice nella prefazione: lettura pag.5/6

Il libro di questo genere più famoso è Il diario di Anna Frank, una ragazza ebrea che morì in un campo di concentramento in Germania. In esso la ragazza scrive delle lettere a una amica immaginaria e le racconta tutte le sue toccanti vicende della persecuzione ebraica durante la II guerra mondiale. Questo libro, scritto in forma di diario, pubblicato nel 1947 dal padre, Otto Frank, fu preso a modello nella letteratura. In esso sono ravvisabili 4 elementi fondamentali:

1) ambiente circoscritto

2) Personaggi ben delineati

3) Assenza o trama scarna

4) Fine etico

Nel tempo si sono diffusi diversi libri della memoria Uno famoso fu “Il mestiere di vivere” di Cesare Pavese, scritto nel periodo del suo confino a Brancaleone Calabro ed è una forma originale in quanto non racconta interamente i fatti perché invita  il lettore a scoprirli o immaginarli mettendo in moto la fantasia. La Tocci, allo stesso modo,  lascia nel lettore uno sgomento che genera voglia di fare, di collaborare con ogni mezzo per alleviare le sofferenze degli aquilani, così duramente colpiti.

Ci sono anche dei dialoghi e vengono espresse sensazioni. Altro libro famoso che rientra in questo genere  è  “La tregua “, di Primo Levi.

Patrizia Tocci presenta un testo di grande intensità: come un torrente in piena, le sensazioni giornaliere di chi racconta, travolgono il lettore con la loro forza, tale è l’urgenza dell’ispirazione  da imprimere sul foglio. Un’ispirazione intrisa di grande semplicità, con una forte connotazione di attualità e coraggio, in cui a momenti più bui si contrappongono esplosioni di luce, spiragli di speranza così come testimonia prima pagina  della  seconda parte.

Lettura a pag. 185

l’autrice ci permette, con grande sincerità, di leggere nel suo animo e di riflettere le nostre sensazioni di lettori nelle emozioni suscitate dalle sue pagine  come in quelle dove  appare evidente la capacità di sintesi e l’ottimismo ravvisabile nella speranza della ricostruzione.

Il libro, ha   come protagonisti una folla di personaggi e non potrebbe essere diversamente perché la vita  non è mai una questione individuale: senza gli altri, sen­za le dimensione comunitaria, qualsiasi esistenza non avrebbe senso.“I gigli della memoria” racconta quindi un momento cruciale della nostra storia attraverso 55 testimonianze di aquilani nel cui percorso, alle prese con un Noi da ricostruire, c’è il senso di questo libro , che è un grande affresco sulla memoria di un tragico momento, nella speranza che si ritrovi una visione positiva, solidale e aperta al futuro. 55 storie vissute attraverso gli occhi di 55 persone diverse . Il lettore viene virtualmente accompagnato sul luogo dei fatti, uno degli obiettivi primari è proprio quello di mostrare gli avvenimenti al lettore come se li vedesse da dietro il mirino di una telecamera.  Il libro parla insomma di tante vite, che potrebbero essere  quelle dei nostri genitori e dei nostri nonni, quelle di un passato che sembrerà lontano e che invece sarà sempre vicino grazie al racconto e alla memoria. Una storia che si delinea a partire dalle dinamiche tra le persone, dalla condizione sociale di coloro che l’evento l’hanno subito, dalla condivisione di un piano comunitario di ricostruzione. Attraverso il vissuto umano si sviscera il passato per leggere meglio il futuro, si costruisce un percorso della memoria che è fondamento per il presente e strumento per affrontare il domani. Il libro è un invito a credere ancora nella ricchezza del valore umano e nella forza dei rapporti tra le persone.

La speranza di un rinnovamento non solo della comunità abruzzese, ma con il concorso di tutta la società italiana,  viene dalla possibilità di costruire una rete di relazioni tra le persone che sia di solidarietà e di integrazione. Lo esprime l’accorato appello che la Tocci fa (lettura a pag.  189)

La coscienza della relazione con l’altro è fondamentale ed è per questo che bisogna sempre raccontare, l’atto più grande di generosità verso gli altri, perché chi racconta ha ascoltato e insegna ad ascoltare.

In conclusione, io la ritengo un’opera “coraggiosa” per la forza dei temi affrontati.

 

Livia De Pietro

(critico letterario)

I GIGLI DELLA MEMORIA: LE PRIME RIGHE DI UNA NARRAZIONE COLLETTIVA

SEZIONE 1   NUMERI

 

Quattro umani e tre gatti ( Maria Cristina Rosa)

 

Eccola. Eccola,  eccola. Eccola. Pensavo solo questo e questo ripetevo, mentre cercavo di alzarmi, di chiamare i figli, di trovare la porta.Eccola, eccola. Ma eccola chi? Ma eccola cosa? La scossa, la paura, la fine? La morte?Iniziò con uno scricchiolio, un cigolìo…

 

30 secondi ( Stefano Carnicelli)

Appena trenta secondi; il tempo necessario per distruggere e stravolgere i destini e le vite di un’intera popolazione. Solamente trenta brevi, insignificanti, marginali, terribili e fatali secondi. Purtroppo è arrivato anche questo tempo che nessuno mai avrebbe voluto vivere: un terrificante appuntamento con un destino  molto più grande e forte di tutti noi messi insieme…

 

720 minuti ( Fabio Iuliano)

Ore 3.35: non trovo i pantaloni. Al buio non trovo i pantaloni. I jeans che avevo addosso la sera prima devono essere ai piedi del letto. Sono sicuro di averli lasciati lì, ma non li trovo. Mi sento un cretino se penso a tutti quei discorsi sulla prevenzione, con cui abbiamo riempito i giornali senza capire neanche quello che stavamo scrivendo.

Il quarto pilastro ( Adriano Sabatini)

Quella notte, dopo tante scosse premonitrici, arrivò quella devastante: così intensa e prolungata che la casa sembrava essersi trasformata in una vecchia lavatrice,  con il programma di centrifuga avviato. Sbalzati dal letto, ci riunimmo nella parte della casa che ritenevo più sicura.  Anni prima, mio suocero,  si adirò con il progettista perché  durante i lavori di costruzione,  al centro, saltò fuori un quarto pilastro che nel  progetto originario  non era previsto.

 

25 settimane  ( Patrizia Santangelo)

Il 6 aprile del 2009,  Edoardo era dentro di me da 25 settimane: è stato lui, con i suoi calci e con i suoi pugni, il termometro della mia paura. Mio marito ed io avevamo deciso di dormire a Villa S.Angelo quella notte, a casa di mia madre. Ero molto stressata dallo sciame sismico  che ci perseguitava sin  dal mese di dicembre, anche se la  mia preoccupazione, dopo le rassicuranti dichiarazioni della Commissione grande rischi: “Non- c’è- da- preoccuparsi; L’Aquila- trema- ma- non- crolla; più- scosse ci – sono- più- energia- si- libera” si era affievolita.

 

 

 

ANNO ZERO ( FEDERICA MEOGROSSI)

 

Non avevo paura del terremoto.

Sorridevo quasi con distacco quando le amiche si dicevano spaventate da quelle scosse sempre più forti e ravvicinate,  che ormai ci facevano compagnia da mesi.

Anche il 30 marzo, dopo lo spavento del momento, ero tornata alla mia calma placida di fronte a quei sussulti della terra che, mi convincevo, facevano parte della nostra vita, come il freddo pungente e la brina dell’inverno.

 

TRE E TRENTATRE’    ( Luisa nardecchia)                                                                                                            

Muti. Scendiamo le scale, i piedi pesantissimi. Le pareti si rigano di un zig-zag nero, e scricchiolano di un rumore mai sentito. “Si sta spaccando”. Saliamo in macchina e le scosse continuano: tre ore lunghissime a occhi sbarrati. L’autoradio accesa, indifferente, gracchia poco o niente.   A Piazza D’Armi. E’ lì che mio padre ci portava quando eravamo piccoli e faceva il terremoto, così ora ci andiamo anche noi, perché è lì che si va. Quando si è in tanti la terra trema di meno, o non la senti così forte come quando sei da solo.

 

 

 Sezione 2  LA LISTA

La lista (Raimondo Fanale)

Mi sveglio: la volta si apre e la polvere mi cade negli occhi.
Sento un rumore di vetri rotti e guardo il lampadario. Non capisco: oscilla lentamente. Oscilla, ma è ancora lì, attaccato al soffitto.
Mi guardo intorno e vedo la vetrina del mobile dei miei genitori ancora intatta; mi sono addormentato, seduto sul loro divano, dopo una cena in famiglia.
Nessun vetro rotto e una seconda oscillazione del lampadario.
La luce è accesa e il divano si è spostato in avanti.

Gocce di valium      (Anna Pacifico  Colasacco)

Le scosse si susseguivano da mesi. Tante. Troppe perché il sistema nervoso non ne risentisse. Le ultime di quella notte ( era la domenica delle Palme) erano state forti. Mia madre e mia sorella erano sul letto matrimoniale, mio marito e  io avremmo dormito sui divani, in salotto. Nessuno di noi era nella propria casa. La paura ci aveva fatto scegliere un’abitazione messa a disposizione da amici. Non potevamo sapere che ci saremmo trovati sull’epicentro

 

Il lampadario del  Magoo ( Stefano Catastini)

Cominciamo  dalla sera prima…

Ero dentro il Magoo, in  via Sassa , seduto proprio sotto il lampadario dell’ingresso. E’ arrivata la scossa delle 22 e 45 ;  la prima  che ho avvertito in tutta la  mia vita! Ho sentito il tremare lo sgabello; mi sono guardato intorno e mi è venuto da sorridere…Mi sono detto : “Eccolo,  il terremoto:  finalmente l’ho sentito anch’io”.  Il lampadario  oscillava ma   siamo usciti,  con  tutta calma,  dal locale. Non avevo in testa l’esatta misura di cosa potesse  significare il terremoto.

 

Le chiavi della macchina ( Fabio Sabatini)
Alle ore 20 del 5 aprile 2009 dovevo incontrare due amici e con loro  andare a vedere la  partita Milan-Lecce,  al Bowling di Sassa. Ricordo bene che al primo goal del Milan mi sono detto:”Vuoi vedere, mo’ che  ha  segnato Senderos  fa  una  scossa?”
Neanche il tempo di dirlo:  ecco la prima forte scossa…erano le 22.48. Sono rimasto  seduto.. come la maggior parte della gente che era lì. Finita la partita,  ho riaccompagnato i miei  amici  in città, in  via Arco dei Veneziani e sono tornato a casa, in Via  Fontesecco.

 

I sacchi  per la Caritas ( Maria Teresa Mosca)

Devo tornare indietro di qualche ora. Intorno alle 23 mia figlia era al computer (aveva trascorso tutto il pomeriggio a scrivere
una relazione sui … terremoti) ; io guardavo  la  tv. Sul televideo compare la scritta di un evento sismico tra Forlì e Cesena.. Non mi preoccupo più di tanto,  in quei  giorni “ballavamo“ spesso. Con la scossa delle 00.39 però il PC si blocca;  internet non funziona più. Convinco mia figlia ad andare a dormire: “muoviti,  domani devi andare a scuola!” Mi vuole a dormire con lei: l’accontento. Cuore di mamma,  le dico: metti

Le posate d’argento   ( Fabrizia  Petrei)

Il telefono squilla.

La scritta “Laura” lampeggia, taglia il buio, a intermittenza. “Che ore sono, le 3.47. Ma è tardi.Avrà di nuovo litigato con Mario, non rispondo, mi dirà domani” penso, nel sonno. No, devo rispondere, è notte fonda, avrà bisogno di me. “Hai sentito i tuoi?” faccio un salto sul letto. “Laura,  che è successo?” “Un terremoto, ci ha svegliato anche qui a Roma, ho sentito che è stato a L’Aquila. Ho provato a chiamare Francesca, ma non ci sono riuscita, magari li hai sentiti tu…”.

 

 

 

Le tendine rosse ( Maria Grazia Cucchiarelli)

Il  5 aprile,  domenica delle Palme,  mi sono dedicata alla pulizia della mia casa.

Le “pulizie di Pasqua”,  che mia madre cominciava ben prima della settimana Santa, sono sempre state per me una consuetudine necessaria e ineliminabile. La mia casa è/era grande.  Ho cominciato il lavoro dalla mansarda.

L’intera giornata a pulire poco più di 60 mq. Mattinata impiegata a  spostare oggetti, sistemare cassetti, spolverare, lavare. Il pomeriggio  mi sono “applicata” a cucire delle bellissime tendine rosse.

LO SPECCHIO GRANDE  ( RENZA BUCCI)

 

Avrò sempre il rimorso di non essere riuscita a convincere i miei cari di venire a stare  da me,  come invece era accaduto già un’altra volta: dopo la scossa del 30 marzo.  I letti che li hanno accolti quella notte sono rimasti aperti per mesi e ancora oggi ci sono le lenzuola dove immagino di sentire il loro odore lasciato in quelle poche ore di sonno.

Alle 3,32 del 6 aprile dormivo un sonno non tranquillo:  mia figlia aspettava una bambina e stava per scadere il tempo; ero preoccupata per il parto imminente, che immaginavo sarebbe stato precipitoso, come quello che  due anni  prima ci  aveva regalato Francesco, il nipotino più bello del mondo.

Ci siamo svegliati di soprassalto.

VESTITI E SOLDI ( ELISABETTA D’AMBROSIO)

Non sapevo che ora fosse quando   il mio letto ha cominciato a scivolare,  da tutte le parti.

Strani  rumori: il tintinnio della fioriera che sbatteva contro le ringhiere dei balconi, il tonfo  del mobile a parete della cucina, l’allarme di casa che suonava perché era andata via la luce, la centralina del computer, lo scricchiolio del legno dell’armadio posto di fronte a me e infine mio marito che urlava:”Oddio,  oddio!”.

Non sono riuscita subito  ad alzarmi perché lui mi teneva ferma; ma io pensavo ai bambini che dormivano nella stanza accanto

 

La coperta  rossa      ( Lidia Carlomagno)

Che cos’è, alziamoci, di corsa fuori, Roberto sbrigati, muoviti, Gesù mio è troppo forte, trema tutto, non finisce più.  Scalza ma vestita,  mi ritrovo su Costa Masciarelli. Non ho più fiato, urlo a mio figlio e mio marito di uscire di casa velocemente, i vicini cercano di calmarmi;  mio figlio urla dalla sua camera <sto arrivando, calmati!> Tutto questo mi è stato raccontato :io non lo ricordo.     Saliamo lungo la Costa ,  con il solo desiderio di arrivare in piazza. Vengo trascinata a forza, urlo, piango, mio figlio mi sorregge,la vicina mi schiaffeggia:  sono fuori di testa per la paura. C’è una gran puzza di gas, arriva un’altra scossa

 

SEZIONE N 3 A PIEDI NUDI.

A piedi nudi  ( Patrizia Ferri)

Da giorni cercavamo di adottare comportamenti “ preventivi” : automobili parcheggiate già all’aperto e borsoni con indumenti già pronti.  Un borsone con pochi indumenti si trovava,   da circa un mese,  sui sedili della  mia auto, suscitando l’ilarità degli amici e dei colleghi con cui viaggiavo normalmente per recarmi al mio luogo di lavoro.  Uno di questi colleghi, incontrandomi  qualche mese dopo, mi ha detto: “ti ho pensata molto in questo periodo! Ricordavo sempre il tuo borsone pronto!”

LE BALLERINE DI VERNICE ROSSA ( LAURA PELLICCIONE)

Il lunedì mi sarei dovuta alzare alle 6.30. Tutto era pronto: la borsetta termica in cucina con il pranzo, il camice stirato di fresco e ben piegato pronto per l’uso, i vestiti pronti sulla sedia vicino al letto, il cappottino di felpa, le ballerine di vernice rossa in ordine, al lato del comodino , i telefoni con la sveglia programmata. La prima scossa: “Albè, l’hai sentita?”,“Si, l’ho sentita”. Mia madre chiede: “ l’avete sentita?”- “Sì,  ma ormai è passata”.

 

 

Scalzi  (Silvia  Gisotti)

Non potrò mai dimenticare quella notte…Erano le 3.32: mio marito mi sveglia,  dicendomi “Silvia, è arrivato … E’il terremoto”.

Ci siamo alzati ma era completamente  buio e   la corrente era andata via. La casa si muoveva. Ondeggiava,  paurosamente,  da una parte all’altra. Il  nostro  primo pensiero  è stato di chiamare  i  figli:  Michele e Andrea.  Uno si era rifugiato sotto la sua  scrivania, l’altro aveva la porta chiusa;  ad essere sincera,  era stata la scossa a bloccargli la porta. Siamo riusciti ad aprirla e a  farlo uscire.  Solo allora  ci siamo abbracciati, tutti:  stretti stretti.

Una scarpa e una ciabatta ( Paola  Contento)

 

Non dormivo più  nella mia camera,  da circa due mesi:  “alloggiavo” nel divano letto del soggiorno per  stare più vicina a mio figlio. Romolo e Magda,  i miei  vicini mi avevano rassicurata,  verso la mezzanotte : “stai tranquilla,  la casa è sicura…”

Il rumore sordo,  inusuale,  di quella notte  mi informa che non è la solita scossa.

Le pareti del soggiorno cominciano a muoversi; sembra vogliano camminare per incontrarsi;  mio figlio non si sveglia e cerco di aiutarlo con dolcezza, prendo tempo per non impaurirlo.

Scarpe e ciabatte ( Raniero Pizzi)

“Speriamo”.

E’ l’ultima parola che ho digitato sulla tastiera del computer di casa. Ora quella tastiera, insieme al computer, agli strumenti  di lavoro e alle cose care di tutta una vita, è sepolta dentro una casa di via Campo di Fossa. Ho perso tutto, tutto tranne la cosa più importante: la mia vita e quella dei miei cari. A qualcuno è toccata sorte ben peggiore.
“Speriamo” era la parola che avevo scritto nell’ultimo messaggio ad  un amico di Facebook. Parlavamo di terremoti

 

SEZIONE 3 QUI, E’ ANCORA NOTTE

La prima sigaretta ( Walter Cavalieri)

Abito a Coppito, in un appartamento con giardino.

Quella sera, prima di andare a dormire, mi ero trattenuto un bel po’ davanti al computer;  fino a mezzanotte inoltrata,  con gli amici di Facebook  si commentava la recente scossa (magnitudo 3,9) avvertita intorno alle 23. C’eravamo quasi abituati,  dalla metà  di dicembre,  a convivere con centinaia di scosse,  e riuscivamo quasi a scherzarci su

Davanti alla tv.  ( Patrizia Petricola)

Dormivo nel mio letto.  ma alle 3.32 , mi sveglia. Non di soprassalto,  poco a poco. Secondo dopo secondo , la mia mente  riacquista lucidità. Botte, sotto e intorno al mio letto. Botte.  Ancora botte. “E’ forte. Dio, quant’è forte. E’ fortissima!”. Il sonno mi ha fatto perdere il grande boato iniziale che tanti,  poi,  mi hanno raccontato, ma  ho sentito invece  fino in fondo  lo scricchiolio proveniente  dai mobili della mia stanza.

DIETRO UN VETRO ( CRISTINA Busilacchio)

I ricordi si confondono.  Il giorno dopo avrei  dovuto fare la prova di tesi con il mio relatore,  a palazzo Camponeschi, all’Università. Già tutto fissato:  alle 14,30 del 6 Aprile. Le solite piccole abitudini,  prima di andare a dormire: vado in bagno e torno, indosso il pigiama e penso: potro’ dormire sino alle 10, metto la sveglia alla solita ora. Invece vedo mio padre  ancora sveglio,   disteso sul letto ma  completamente vestito e ha già messo una candela, sul comodino. Non dico nulla e penso: “quando finira’ questo terremoto?”

La coda del drago ( Francesca Curtacci)

Mi trovavo con la mia famiglia nella mia casa in Via Arischia,  ( a fianco della Chiesa di San Pietro ).Dopo la scossa di mezzanotte,  avevo  deciso di far dormire nel lettino con le sbarre del fratellino,   mia  figlia che aveva 2 anni e mezzo,  perché  si era molto spaventata delle scosse precedenti. . Il piccolino,  di  soli 7 mesi, avrebbe dormito in mezzo a me e mio marito; così  almeno  potevamo stare  tutti nella stessa stanza. Alle 3.25 circa il piccolino si sveglia perchè ha fame; lo attacco al seno.    Dopo pochi minuti  si  scatena il l’inferno.

 

L una Piena ( Paola Bartolomucci)

Alle 23.00  avvertimmo una scossa: decisa, forte, un secco sussulto sotto i piedi. Accendere internet, cercare  su Facebook in quei momenti era diventato normale già da qualche mese, oserei definirlo un atto dovuto di “fratellanza on line”, forse un modo  per “esorcizzare la paura” .

Beatrice,  la mia piccola di 8 anni, dormiva placidamente;  Laura, la maggiore, si aggirava nervosa e mi aveva già sollecitato in “malo modo” come una tipica diciassettenne in rivolta con il mondo,  a spegnere il computer.

Primo nemico, il sonno     ( Reinaldo del Vecchio).

Una notte  come tante,   trascorsa  nella speranza di non avere un  risveglio sgradevole . . Erano notti  tempestate da  continui  risvegli frequenti: piccole scosse e piccole paure. Invece  proprio quella notte , ci ha sorpresi  addormentati,  e dentro casa.. Avevo  quasi percepito debolmente la  prima scossa,   forse quella delle 11,15 ; ( non ricordo bene l’orario):  ma  fiduciosi che non ce ne  sarebbero state altre,  siamo rimasti in casa ..

Un ballo in macchina ( Cristina Spennati)
Ricordo il buio. Nel buio un rumore assordante,  un martello pneumatico, che aumenta di intensità; d’istinto mi sono buttata sopra il mio bambino, per proteggerlo da eventuali crolli, e gli dicevo “zitto mammì, zitto, che mo’ passa” 30 secondi: i  più lunghi della mia vita.
Mio marito   di corsa, giù per le scale,   ha spalancato  la porta della mia camera, gridando con il terrore negli occhi:  mai l’avevo mai visto così.


Colazione all’aperto ( Mario Rotellini)
Paganica,  5 Aprile 2009 ore 22,45:  ennesima scossa. Di nuovo un fuggi fuggi
generale verso luoghi sicuri, nelle auto, camper o roulotte. Quella sera non
era fredda;   c’era tanta gente  in giro che cercava di sistemarsi per la notte. Per
passare il tempo si parlava, si raccontavano barzellette, non si aveva voglia di rientrare nelle proprie abitazioni perché c’era la paura e il sospetto che potesse arrivare un terremoto più forte.

 

Qui, e’ ancora notte  ( Cristina Mancini)

Oggi, mentre scrivo, il cielo è livido e carico di pioggia. Fa freddo,  come in inverno;  nulla ricorda il dolce tepore primaverile di quella domenica delle Palme dello scorso anno.
5 aprile 2009: cerco nella memoria frammenti di immagini ,  sensazioni,…Di quell’ ultimo giorno della mia prima vita mi restano solo pochi insignificanti particolari: il consueto pranzo nel tinello di mia madre , il pomeriggio ad oziare in casa, qualche faccenda domestica, i figli maschi al cinema con il loro papà. Poi la sera, gesti consueti, una cena improvvisata con quel poco che c’è in frigo

Da qui non ce ne andiamo  ( Biancamaria Cimini)

Ore  3:31:48: dormo  con mio fratello Giancarlo,  nella parte bassa del nostro letto a castello. Sono scesa alla scossa dell’una:  rimanere a dormire nel mio letto, in un soppalco alto 2 metri , mi fa paura: forse staremo un po’ stretti, ma sarà solo per stanotte…

3:32..Cosa è questo boato? Giancarlo si sveglia, si gira e mi abbraccia. Mi stringe forte per non farmi muovere

 

 Sezione n 5  l’esodo

L’esodo   (MAQ)

Ero a letto: dopo una giornata passata a Roma per un raduno di Auto d’Epoca. Avevo  trascorso un po’ di tempo davanti il pc,   sentito e commentato tutte le scosse precedenti: dopo mesi di scosse,  era diventata una consuetudine  cercare di indovinarne la magnitudo; così l’ultimo saluto su Facebook era stato dedicato  all’ultima scossa:  “ anche stasera ci ha dato la buonanotte”.Ci scambiavamo anche  SMS con alcuni amici,  per tranquillizzarci a vicenda e poi,  a nanna.

Il  boato mi svegliò:  iniziò a muoversi, ruotare, ballare tutta la casa.

 

 

 

Verso il mare  ( Sonia Castellani)

 

Di quel giorno non ho una visione nitida, ma immagini in sequenza…

Il muoversi tutto intorno a noi, io che nel sonno urlo, mio marito che mi blocca con un braccio come per non farmi cadere, i miei figli che chiamano, il più grande che non riesce a muoversi, bloccato com’è dalla paura e dal buio totale…

Riesco a raggiungere la sua camera, costruita in un’altra ala del nostro appartamento;  lo abbraccio e lo consolo…Afferro l’altro bambino, mentre mio marito e mia figlia sono già sulle scale.

 

La domenica delle palme   ( Marina Lauri)

Domenica delle Palme: processione con i nipoti che sventolano al vento le loro palme d’ulivo e seguono me e mio marito salutando felici e ignari i loro genitori. Celebrazione nella Chiesa di San Pio X . Pranzo, riposino e passeggiata lungo il Corso. Un giocoliere  attrae la nostra attenzione e partecipiamo ai suoi giochi …c’è tanta gente che si diverte. Rientro a casa, il giorno dopo è lavorativo per mio figlio e scuola per i miei nipoti, mia nuora ha una lezione all’università.  La sua seconda laurea la impegna molto, ma, ringraziando Iddio, abbiamo le case sullo stesso piano e possiamo aiutarci senza stress.

  VOLTARE PAGINA   ( MANUEL Romano )

Racconto la mia storia, una storia come quella di tanti i persone e tanti  ragazzi, per fortuna più a lieto fine rispetto ad altri  miei amici o conoscenti.

Erano le 3 e 32 del 6 aprile 2009 quando tutto incominciò

Ero a letto.  Alle 3 e 32 mi sono svegliato:  la casa  tremava, scricchiolava. Sono sceso subito dal letto appena si è calmata un po’ la situazione, mentre cercavo di mettermi sotto una colonna portante;  lì  mi sono riunito con i miei genitori. Cadevano pezzi di muro o  intonaco;  eravamo scalzi tutti e tre,   tutto era per terra, vetri ovunque.

 

 

Tutto è compiuto ( Francesca Luzi)

Tutto è compiuto.Il mio mondo sembra abbia appena smesso di scuoterci violentemente. Mi chiedo perché l’ha fatto e perché siamo ancora vivi. Sono lucidamente convinta che la nostra vita, almeno quella di sempre sia appena terminata, mentre Marco è ancora in bagno che cerca di sollevare il mobile alto rovesciato sulla scarpiera per riuscire ad aprirla e mettersi qualcosa ai piedi.

 

ED E’ TUTTORA COSI’   ( ROSA MINERVINI)

Erano tre mesi che si conviveva con le scosse.

Mio figlio ed io avevamo cominciato a dormire in tuta, con le scarpe e il giaccone a portata di mano e non sapevo di altra gente che da tempo dormiva in macchina o passava le nottate, in giro, per Piazza Duomo. Questo modo di vivere mi turbava, ma rimuovevo sistematicamente questo pensiero.

Ora mi rendo conto che la cosa era alquanto strana: si viveva, da tre mesi, in questa città, esorcizzando il pericolo imminente.

 

SEZIONE N 6 VOCI

Con amore infinito ( Vincenzo Vittorini)
Un mostro che divora tutto.  Una tragedia annunciata. Non un boato, ma un urlo terrificante. Poi, un silenzio assordante. Il buio, nero come la pece. Poi, le grida di dolore.

Provi un terrore mai provato. Non sai che ore sono: è giorno? è notte? C’è solo il buio pesto. Io,Claudia e Fabrizia siamo schiacciati da tonnellate di macerie che erano la nostra casa, il nostro rifugio, dove credevi che la tua famiglia fosse al sicuro da tutto e tutti. Gridi,ti muovi come un animale in gabbia,cerchi di uscire … ed  invece vai giù,sempre più giù.

 

 

 

 

 

 

L’Intervallo della vita ( Pamela Fiorenza)

 

Eravamo tornate a casa verso le undici. Avevo intenzione di svegliarmi presto, per scrivere la tesi. Appena entrata nel letto una scossa forte mi ha fatto tirar via le coperte. Sussultoria o ondulatoria? Quando trema, trema in ogni direzione. Sono arrivata in corridoio e ho acceso la luce. Mia sorella era lì, sulla scaletta e respirava male. Ci siamo guardate un attimo. Papà non è uscito dalla camera. Mamma era a Roma.
Mia sorella ha detto Che facciamo. Ho detto Dài, andiamo a letto. Ha detto Ma ho paura. Ho detto Ma paura di cosa? Poi ho detto Vieni a dormire di là con me. Ha detto No torno in camera.
MI FERMO QUI ( Annunziata Grancuore)
Quando tutto è cominciato, il primo istinto è stato quello di proteggere mio figlio con il mio corpo , aspettando che passasse.
Ma non finiva, e la terra non smetteva di tremare : tra suppellettili e calcinacci che cadevano, siamo riusciti ad uscire a prendere l’automobile per  allontanarci.
Il tempo di due telefonate: ai miei per darci un punto d’incontro, ed ai miei gemelli (solo dopo scoprirò che avevano perso la zia in quella maledetta notte) per assicurarmi che il padre li abbia portati fuori al sicuro e il cellulare mi abbandona.
Siamo spaventati ma comunque vivi

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Anime salve” ( Roberta Marinucci)

Sono a letto che leggo,  mentre mio marito dorme. C’è già stata una scossa forte verso le 11 ma ho imparato a conviverci, come tutti. Sto leggendo un libro di storia locale sui terremoti dell’Aquila e arriva un’altra scossa verso l’una. Questa però è più forte. È da tempo che si vive in questo stato di ansia. Lo sciame sismico avrebbe preceduto la scossa forte e distruttiva : in passato era  già accaduto. Però  mi sentivo fatalista , mi rassicuravo pensando  che la mia casa, di recente costruzione, forse avrebbe retto. Chiamo per la seconda volta al cellulare mia figlia che  ancora non rientra.  Le dico di tornare a casa senza prendere l’ascensore.
Finalmente riesco ad addormentarmi con il solito senso di precarietà/fatalità delle altre. Notti.

 

 

 

Voci ( Anna Guerrieri)

 

 

Voci di famiglia nel calore della cena. Il lavoro, la scuola, il rumore delle posate nei piatti. Voci usuali e affettuose, voci che ridono e discutono. Voci fatte di luce. Scivolano sulle pareti della stanza e le disegnano, delimitano. Le voci sono i confini dell’intimità. Le nostre voci pudiche. Le voci di chi sta andando verso la notte e le necessità della famiglia, verso i doveri del giorno dopo. Voci che si fermano ad ascoltare i bisogni dei figli. Le voci di sempre.

 

QUI IO TI AMO ( LUCA VESPASIANO)

“Qui io ti amo”. Non l’ho mai detto a nessuno. E siccome stavo per morire, lo dissi al buio e al mondo. Non ho sentito la mia voce, ero come paralizzato.

Mi hanno sempre infastidito le memorabili ultime battute dei film o delle tragedie di Shakespeare. Mentre muori, pensavo, non ti metti di certo a fare il poeta, muori e basta, con la rabbia o la desolazione, con l’orrore e la paura tra i denti. Puoi al massimo aggrapparti a quell’ultimo brandello di fede se qualche Dio te l’ha data. Alla storia delle morti gloriose non ho mai creduto: la morte è uno schifo, e quando muori ci sei dentro fino al collo.

 

I nomi dei gigli ( Giustino Parisse)

L’ultimo sms della mia vita lo avevo inviato dieci minuti prima dell’una. Il sei aprile del 2009 era da poco spuntato sul calendario. Un messaggio breve, poche righe <Pentiti, sta arrivando la fine del mondo>. Lo lesse un collega giornalista, già mobilitato, nella notte, dai ruggiti della terra che tormentavano le ore e i giorni dei paesi adagiati nella valle dell’Aquila . Fu quasi un ghigno, l’ultimo cinico ghigno di un tempo che stava per fermarsi. Per sempre.

 

 

Sezione 7 Gli intrusi

L’intrusa ( Bianca Mollicone)

Non sono nata all’Aquila, non ho studiato, non abito e non appartengo all’Aquila. Sono un’intrusa nella Banca della Memoria. Eppure l’Aquila mi appartiene da sessanta anni, da quando ne ho memoria.

Come tutte le genti della dorsale appenninica, però,  sono nata e cresciuta su terre di faglie attive…

Su una delle faglie della Valle Roveto,  sono nata ; 33 anni esatti dopo il terremoto che aveva colpito anche la mia zona,  il 13 gennaio  del 1915.

Casamé     (Alessandro Cappa)

Nella scorsa data del 5 aprile 2009 alle ore 24:00 circa, tramite Sky tg24,  appresi che in località Forlì c’era stata  una scossa di terremoto. Immediatamente chiamai un mio collega nonché amico per capire bene cosa fosse accaduto:  in considerazione del fatto che dal Natale del 2008 c’erano continue scosse, nella mia terra, a casamé, all’Aquila.

Nella  notte ebbi un sonno molto leggero ed inquieto:  temevo che potesse accadere qualcosa, troppe scosse e troppo ravvicinate per poter stare sempre tranquilli

 

In vacanza,  a Camarda ( Enzo Alloggia)

Io e mia moglie Maria siamo   tornati subito  in Svizzera “sani e salvi”,  da Camarda, dove eravamo arrivati  proprio Domenica 5 Aprile,  nel pomeriggio. Camarda si trova a 14 Km dall’Aquila ed è stata distrutta dal terremoto del 6 Aprile delle ore 3.32,  per il 70-80%.

Ringrazio gli amici che mi hanno chiamato sul telefonino sin dalle prime ore dopo il sisma di Lunedì; la nostra casa ha tenuto (per nostra fortuna) anche se ci sono crepe che ci entra la mano.

 

 

 

MI chiama  AQ ( Jessica Zarivi)
Mi trovavo a Milano, per ragioni di studio. Ero sveglia: saranno state le 6 del mattino.  Squilla il telefono.  Il numero che compare è quello di casa dei miei  genitori.  Strano . Ma prima  di arrivare a conclusioni affrettate, ho risposto immediatamente : “ Pronto! Come mai mi chiami a quest’ora? Avevi bisogno di qualcosa ?” Dopo un silenzio agghiacciante,  mio fratello mi dice :   “ Jè… Senti…qua c’è stato il terremoto…”

Non mi sono allarmata, era solito scherzare quando mi chiamava, ma su una cosa del genere.. bah! “Ma che dici?” “Guarda che è stato proprio forte..”

 

Una promessa per L’Aquila. ( Kristian Pelà)

Senza dimenticare tutto quello che era già’ successo in Italia e nel Mondo, ed ha continuato a succedere anche dopo …

Il terremoto dell’Aquila mi colpì’ in particolar modo per la distruzione e l’annientamento di una Città in pochi istanti.  Da qualche tempo,  con un mio amico avevamo in progetto di fondare una Associazione di Protezione Civile e mai come in quel giorno avrei voluto averlo  già  fatto , per poter aiutare tutte quelle persone in difficoltà.

. Quando mi arrivò la notizia erano le 6,30 del mattino.

Gli ospiti inattesi ( Antonietta Soldati)

Mi chiamo  Antonietta Soldati e sono nata a l’Aquila,  ma vivo da sempre a
Roma. Il legame con la mia terra di origine e’ sempre stato molto forte; ora  e’
diventato indissolubile. La mia mente mi dice:  rimuovi e dimentica.. ma il mio cuore mi “comanda” di ricordare. Le mie radici sono troppo profonde.Fin da bambina tornavo, ogni estate,  a passare  le vacanze presso la mia  “vecchia” casa,  in un paesino che si chiama Colle di Lucoli, vicino a Roio,  dove  purtroppo più volte e’ stato registrato l’epicentro del terremoto.

 

 

 

 

Metti una notte a Roma ( Adriano Di Barba)
Da  qualche mese trafficavo su FaceBook, per ingannare il tempo  di serate televisive noiose e per ricercare amici e persone che avevo perso di vista, durante una vita da girovago.
Mancavo dall’Aquila da 40 anni, senza considerare qualche sporadica gitarella fatta per accompagnarci in visita qualche amico venuto a trovarmi a Roma, e  una piccola vacanza, piacevolmente indimenticabile, con la mia famiglia, anni addietro.
Tutti, amici e famigliari, ogni volta  a meravigliarsi,  increduli che esistesse un posto così, tanto vicino a Roma, così  poco conosciuto …

 

“ Non accendere il televisore” ( Davide Simone)

Il tepore avvolgente delle federe ad accarezzarmi la pelle, l’abbraccio della trapunta ad avvolgermi le gambe, il soffice sostegno del cuscino, la quiete consueta della mia sfera domestica a cullare i miei sogni; questa, per me, è stata la scossa. Questo, per me, è stato l’inferno nel suo vigliacco manifestarsi, è stato l’urlo, è stato lo schiaffo del destino con la sua mano di pietra, di terra, di fango e di ferro. Si, perché io non c’ero. Io sono un “intruso”, un aquilano di Secinaro trasferitosi da bambino e che quel giorno avrebbe dovuto esserci, per le feste, ma che non c’era.

IL SALUTO DEL SILENZIO ( Thomas Pistoia)

Quella notte,  quando tv e internet cominciarono a dare la notizia ero ancora in piedi. Non compresi subito la gravità dell’accaduto.Pensai al classico evento udito solo da quelli che abitano ai piani alti, al campanare di qualche lampadario, all’ululato dei cani nei palazzi…Poi cominciarono ad arrivare le prime immagini e compresi la catastrofe.E cosa provai ?

Cosa provai…

Non prendiamoci in giro. Per provare qualcosa, per capire davvero… devi vivere lì.

Perchè il resto d’Italia vede tutto in tv e riflette quel tanto che basta.