Il sapore del tempo
Dove si fissa il primo punto di un tombolo? Sicuramente, come tutti gli inizi, è un momento importante. Bisogna farlo con lungimiranza; farlo bene perché è il punto che dovrà sostenere tutto quello che verrà. Questo gruppo di donne ha un punto da cui partire, un punto in cui persino il “piumaccio” ha dondolato, sono caduti gli spilli e i fuselli si sono ingarbugliati. La polvere ha nascosto il colore del velluto, l’umidità ha ispessito il filo. Sono passati, i giorni .Ma con la pazienza delle donne, a testa alta, giorno per giorno, spillo dopo spillo, molto è stato recuperato. Le dita hanno ricominciato ad intrecciare, hanno ritrovato la sapienza antica che non s’era perduta, le voci hanno tessuto racconti e storie e si sono intrecciate altre vite. Attorno a ogni filo cresce il mito, attorno al gomitolo di Arianna, al filo delle Parche che segnava l’arrivo della morte, al filo della tela di penelope che tesseva e poi disfaceva, per ingannare l’attesa degli altri e la sua..Quando si spezza o finisce, il filo del tombolo, sanno che c’è il nodo “tessitore”; con un pò di fatica si impara e si insegna che si può continuare. Sempre donne nel mito. Invece nella cultura contadina anche l’uomo sa intrecciare: la sapienza antica dei nostri contadini nel fare le trecce con le pannocchie di granturco, di cipolle o d’aglio per poi metterle a seccare in cantina, o fuori al sole, quando ce ne è ancora,..Quelle trecce appese appena fuori la porta delle case, che contavano il tempo e le stagioni; trecce di peperoncini o di cipolle rosse, ben disposte ed armoniose, perché tutto in natura ha una sua geometria, come i disegni del tombolo. Avete mai visto la struttura di un fiocco di neve? Quella geometria cristallina è anche nei disegni, nelle stelle di natale, nelle corolle delle rose, nei petali dei gigli; è così che nascono pizzi , merletti, intarsi, sbuffi, persino i gioielli. Tutto in natura ha le stesse leggi di precisione matematica: il risultato di quest’equilibrio è sempre l’armonia e la bellezza. Le streghe cattive che di notte scompigliano l’ordine stabilito, fanno nodi ai capelli che non si sciolgono: intrecciano i lacci dei grembiuli o delle scarpe con nodi difficili da sciogliere. Ma non possono nulla contro i poteri della luce e del giorno: contro le collane di margherite o narcisi. Ho avuto una nonna e una bisnonna che sapevano ricamare e cucire, facevano maglioni e calzini a mano, cappelli, scialli e guanti di lana contro un inverno che davvero faceva paura.
Inventavano. Non avevano schemi né giornali: non sapevano leggere né scrivere. Ma conoscevano le leggi dell’armonia, la struttura di un fiore o di un mazzetto di fragole, le trame disegnate dai rami , la geometria alternata delle foglie e delle spine. Non conoscevano il sistema binario ma se ne servivano per intrecciare le balze degli asciugamani di lino – un nodo si e un nodo no- e creare dal nulla la bellezza. Mi affascina tutto ciò che ha a che fare con un filo che si nutre d’aria, e muovendosi tra le mani si solidifica pian piano, fino ad assumere una forma, ancora fatta d’aria. Nascere. Forse questo è l’incanto che ci prende sempre, quando vendiamo un artigiano al lavoro. Qualsiasi manufatto è figlio della sua pazienza, della sua abilità e del suo pensiero. Il tombolo ci racconta, se vogliamo ascoltarlo, il ritmo del tempo, il gioco delle ore e delle stagioni e ci lega la filo della vita. Anche noi come tanti fuselli ci siamo mossi un po’qui, un po’ là: in ordine sparso. La nostra vita è stata sparpagliata, imbrogliata, confusa…
Zia Tecla non ha ritrovato tutti i fuselli del suo tombolo; e ha dovuto ricominciare tutto da capo, lasciare incompiuto quel disegno che era rimasto a metà, cominciarne un altro. Quello rimasto a metà lo ha piegato e lo ha riposto in un cassetto segreto, quello che ancora profuma di lavanda e una mela cotogna. Appuntato ben bene con gli spilli sulla carta paglia; è l’unico disegno che non ha voluto terminare. Non adesso. Anche queste donne hanno ricominciato. Tutti noi abbiamo ricominciato e non sappiamo ancora se le mani che ci guidano abbiano chiaro il disegno complessivo; certe volte i fuselli si impicciano e ci vuole molta calma e pazienza. Calma, una forza calma come quella delle donne. Le case dell’Aquila hanno ancora bellissimi gigli in ferro battuto, che fanno capolino dai muri delle nostre case diroccate; erano la parte terminale delle catene che tenevano inchiodati all’interno i muri maestri, perché la nostra è sempre stata una terra ballerina. La parte terminale della catena veniva arricchita con questi fiori in ferro battuto; ogni giglio è diverso dall’altro, più o meno sontuoso, più o meno stilizzato. Sono ancora lì a ricordarci che chi non ha memoria non ha futuro. Abbiamo tutti il nostro piccolo tombolo da iniziare: togliere la polvere, raccogliere gli spilli, controllare se i fuselli ci sono tutti e conservare buone scorte di filo.
Forse, un giorno, tutti questi tomboli verranno inseriti in una grande tovaglia bianca. La apriremo e la stenderemo con cura su un grande tavolo, in una delle tante piazze della nostra città o dei piccoli paesi distrutti; una tovaglia attorno alla quale possano di nuovo incontrarsi tutti quelli che sono stati sparpagliati, allontanati, cancellati. In una piazza qualsiasi, con una fontana dove scorre ancora l’acqua, ballano le voci della gente, le finestre traboccano di fiori, le case tutte tirate a nuovo, le porte aperte e i gatti, acciambellati in una virgola di sole. Ogni cosa ha il suo sapore, un odore, un profumo nella memoria. Questi tomboli hanno il profumo e il disegno del tempo. Per questo anch’io- che non so fare il tombolo – sono qui. Patrizia Tocci