«Come in guerra. La metafora si è insediata ostinatamente nel mio pensiero e nel mio linguaggio. Così immagino sia stata una guerra di posizione: sfiancante. Un giorno ti sembra di aver conquistato il versante della montagna o la riva del fiume, ma il giorno dopo ti tocca ricominciare da capo. Ho davanti ai miei occhi una carta geografica. Finora le mie truppe sbandate si sono accampate nell’immediata periferia della città. L’assedio sarà lungo. Sulla cartina ho già messo tante bandierine colorate, in periferia: corrispondono alle case ristrutturate, quelle nelle quali si accende una luce, dove sono state sostituite le piante secche ai balconcini con i gerani fioriti. Tutte queste bandierine, come un cerchio magico, circondano il buco nero della mia città. Ho piantato un’altra bandierina dove dimoro, adesso. E spesso studio l’itinerario che mi separa dalla mia casa, al centro del centro di quel buco nero. Ripasso libri di strategie militari, studio piani complicati. Ogni volta che una casa, anche quella di una frazione, di un piccolo paese, sarà riconquistata alla vita, gioirò anch’io, anche se non è la mia casa. Pianterò un’altra bandierina sulla carta topografica. E aspetterò che prima o poi, possa anch’io mettere la mia bandierina sul mio personalissimo cardo e decumano, lì dove il cantone si incontra con una stradina stretta, dove sta quel portone e poi c’è quella porta aperta e l’albero di fico e il pruno e le finestre di casamè. La porta tutta aperta e imbandierata a festa; sugli spigoli, a cuspide due bei gigli di ferro battuto. Lo so che è ancora un sogno. Lo so. Ma come tutti i militari, ogni giorno le scrivo lettere piene d’amore.