ODE ALL’INGENUITA’

Ode all’Ingenuità Noi. Noi che non dormiamo più la notte, e che ci svegliamo più o meno intorno alle 3 e 32, un po’ prima, un po’ dopo e che non riusciamo a riprendere sonno, e rivediamo ogni notte tutta la nostra vita fino a quel momento, perché il tempo, quello di oggi, è come bloccato, sospeso, irriconoscibile. Noi che siamo così ingenui da pensare che la ricostruzione di una città debba essere fatta con trasparenza e con giustizia, per il bene di tutti, per il bene comune. Noi che siamo così ingenui da indignarci per le parole di quelli che ridevano alla stessa ora in cui stavano morendo 308 persone e si sgretolavano case, identità e sogni. Noi che siamo così ingenui da pensare che ce la faremo, a ricostruire la nostra bella città e le nostre vite. Ingenui, da continuare a dare speranza a quegli anziani che ancora non sono morti di dolore perché non possono rientrare nella propria casa e vivono in una stanza d’albergo,nelle case di legno, nei camper, nei container, negli agriturismi: che non hanno nulla da fare tutto il giorno se non ruminare i ricordi e i pensieri. Noi che siamo così ingenui da pensare che questa esperienza possa lasciare appena una traccia nella psiche dei ragazzi che l’hanno vissuta: e che col tempo tutto si dimentica e tutto tornerà alla normalità ; così ingenui da volere che si faccia presto e bene, indipendentemente dalle appartenenze politiche e partitiche : davvero ingenui nello sperare che tutti i politici – dal comune, alla provincia , alla regione, al Parlamento fino al governo sentano l’urgenza di questo momento e si impegnino anima e corpo nel produrre leggi, nel decidere le regole necessarie, nel far si che ci siano tempi certi per ricominciare a pensare il nostro futuro. Noi che siamo stati così ingenui da pensare che i media avrebbero raccontato la verità, e non solo le storie strappalacrime. Ingenui anche i volontari che da ogni parte d’Italia sono venuti a darci una mano. Come tutti i vigili del fuoco che ci hanno accompagnato a recuperare ciò che si poteva nelle nostre case, tra le nostre lacrime spesso nascoste insieme alle loro. Come tutti gli uomini e le donne della Protezione Civile, come gli Alpini, la Guardia di finanza e tutte le altre Forze dell’ordine che ci hanno aiutato in tutti i modi possibili. Anche loro, tutti ingenui. Come tutte quelle persone che quando possono rientrare, anche se per pochissimo, nel centro storico dell’Aquila, provano dolore profondo nel vedere un lampadario ancora appeso, un quadro storto su una parete sventrata, una ciabatta in mezzo alle rovine, un quaderno, un libro aperto nella polvere, fradicio di pioggia e di tempo trascorso. Tanti, ingenui come me , che hanno partecipato alle fiaccolate, silenziosi e composti, senza cartelli, senza striscioni, attraversando il corpo buio di una città desolata che ostinatamente, ingenuamente continuiamo a sentire come la nostra città. Ingenui come quei tanti, che pur potendo andar via, decidono di rimanere qui, in un vuoto assoluto, fatto di due strade e qualche bar perché nutrono la speranza disperata che prima o poi anche questo cambierà. Quelli così ingenui che fanno una carezza alle colonne fasciate dei portici nel centro storico, il luogo della passeggiata e degli incontri, il luogo dello struscio e degli appuntamenti. Gli ingenui- tanti – che conservano gelosamente tutte le fotografie di questa città, sia della sua faccia sorridente che di quella ferita. Ingenui che soffrono nel vedere gente seduta negli studi televisivi che parla di noi senza aver sentito la terra tremare, la paura e lo spavento crescere, destabilizzare la razionalità e la capacità di fare. Ingenui , così ingenui da pensare che tutto ciò interessi a qualcuno, più della canzone che ha vinto il festival di Sanremo, più dell’ultima puntata del Grande Fratello, più dell’ultimo scandalo, più dell’ultimo gossip … Così ingenua da pensare che siano davvero tanti, gli ingenui. Più, molti di più degli smaliziati, più , molti di più delle iene ridens o degli sciacalli pronti a spartirsi le fette della torta. Così ingenua da pensare che queste parole ( in cui davvero la scrittura si fa vita e la vita scrittura) possano servire a capire qualcosa di più. E non solo di me. Patrizia Tocci