Quando la terra tremò…55 testimonianze e un libro

GIOVEDÌ, 06 DICEMBRE 2012 – IL CENTRO – Pagina 21 – L’Aquila
I testimoni raccontano quando la terra tremò
Oggi nell’auditorium Carispaq presentazione del libro «I gigli della memoria» Nel testo coordinato da Patrizia Tocci 55 aquilani parlano della loro esperienza
L’AQUILA Poco più di 5mila battute per raccontare 720 minuti, forse i più lunghi che il nostro tempo ricordi. Un viaggio nell’inconscio e nella memoria collettiva. È la sfida che la professoressa-scrittrice Patrizia Tocci ha lanciato alla sua città, chiedendo a chiunque se la sentisse di raccontare le 12 ore successive alla terribile scossa del 6 aprile. Da quello che, almeno all’apparenza, poteva sembrare un mero esercizio di stile, è nata una memoria collettiva, fatta di tanti tasselli: 55 per l’esattezza.

Tante sono le testimonianze contenute nel libro “I gigli della memoria” (edizione Tabula Fati, Solfanelli 2012) che, dopo l’anteprima del festival “Volta la Carta”, verrà presentato questo pomeriggio alle 17 all’auditorium Sericchi. La prima parte del volume è divisa in sette sezioni e affronta il ricordo di un’esperienza che rinnega le parole e che ha sconvolto vite e destini. La seconda parte è composta con testi scritti da Patrizia Tocci che si soffermano invece sul tempo trascorso da quel momento fino ad oggi. La postfazione è del giornalista-scrittore Paolo Rumiz. Questo pomeriggio ci sarà un evento teatrale con lettura dei testi a cura della associazione culturale Animammersa, (voci Patrizia Bernardi e Antonella Cocciante). Conduce l’incontro Valeria Valeri di Volta la carta. I diritti d’autore per la vendita del libro, dal costo di 15 euro, verranno devoluti al Gruppo volontari donatori sangue (Vas) dell’Aquila. «È stata un’esperienza impegnativa e stimolante nello stesso tempo» afferma Patrizia Tocci. «Dopo tanti racconti monografici del terremoto, questo libro si propone come collettivo. Forse l’aspetto più interessante è stato per noi la possibilità di condividere quei ricordi drammatici della notte e parlarne tutti insieme, sia scrivendo sia condividendo sui social network le fasi della lavorazione». Un’esperienza di gruppo di fatto. «Una sorta di terapia di gruppo. Il valore del libro sta proprio nel fatto di aver spinto una buona parte della comunità a usare la scrittura per riflettere, elaborare un lutto, una sofferenza o uno choc emotivo. Un modo come un altro di entrare a contatto con l’inconscio. Siamo andati a scavare ricordi, odori o sensazioni che ognuno di noi tende a dimenticare. È un racconto che rinnega le parole» ha concluso Tocci «perché è pure difficile parlarne, ad esempio noi non diciamo tanto per dire frasi come “mi manca la terra sotto i piedi” perché da quella notte conviviamo con la sensazione che la terra, elemento che abbiamo sempre ritenuto stabile, sia in realtà qualcosa che ci sfugge. Conviviamo con questa insicurezza». ©RIPRODUZIONE RISERVATA

GIGLI DELLA MEMORIA

L’esame di maturità al tempo del terremoto.

L’esame di …maturità, al tempo del terremoto.     

                                                                                                      (  Dedicato  anche agli studenti emiliani)

 

Invece di fare distinguo  ( come molti si affanno a fare) sul terremoto  dell’Emilia  e quello dell’Aquila ( sono convinta infatti che il terremoto sia cieco, e come la fortuna dispensi con causalità, ignorando meriti e demeriti dei sommersi o dei salvati) mi piacerebbe oggi poter rivolgere un “ in bocca al lupo”  a tutti gli studenti emiliani che  affrontano l’esame di stato “ in emergenza”.  Nel giugno del 2009 anche da noi, qui in Abruzzo o meglio all’Aquila e dintorni,  si è adottata la stessa procedura: solo il colloquio orale.  Eravamo nella palestra dell’istituto in cui insegno: c’erano in contemporanea sei o sette commissioni.  I miei alunni avevano preparato gli esami con più scrupolosità del solito: per i percorsi c’eravamo sentiti via email o via cellulare, ma eravamo continuamente in contatto. Erano cresciuti, i ragazzi. In pochi mesi. Maturati.  Avevano dovuto affrontare la scomparsa di amici cari, persone di famiglia o conoscenti; qualcuno aveva potuto recuperare zaino, libri e quaderni; qualcuno li aveva dovuti lasciare sotto le macerie. Qualcuno aveva preparato l’esame in tenda, con altre otto persone, avendo per tavolo una scatola di cartone; studiando  nella casetta di campagna, da amici, da parenti,  qualcuno in una stanza d’albergo. Tutti avevano perso comunque l’ingrediente fondamentale per affrontare un esame di stato: la normalità, la quotidianità, la banalità delle cose quotidiane: la tua cameretta, il tuo stereo, il tuo computer, le tue foto, il tuo letto, la tua finestra, la tua collezione di…  I  media non   avevano tempo e spazio per raccontare questi dettagli.  Non vi hanno  raccontato il caldo orribile che faceva nelle tende, o come si inzuppavano i viali di ghiaia, quando pioveva.  Non vi hanno raccontato che significa non avere più  la terra sotto i piedi. Ma noi lo sappiamo bene, come voi. Conosciamo quella sensazione di incertezza, di sbandamento, di confusione esterna ed interna che provoca un terremoto. La precarietà di una vita temporanea che nasce all’improvviso, con altri ritmi,  colori, parole.  E poi quella terra, sulla quale sei cresciuto, della quale hai imparato a fidarti: solida, certa, tesa sotto i tuoi piedi,  (anche se a scuola ti avevamo insegnato,  a fatica,  che la terra si muove) quella terra che si muove e che continua a muoversi. Nessuno vi ha raccontato che mentre si svolgevano i colloqui orali,  e si disquisiva con battute del tipo : “questi ragazzi sono troppo fortunati rispetto agli alunni degli anni precedenti”  in quel momento c’è stata l’ennesima scossa di assestamento e il tenore dei colloqui è cambiato.  Noi sappiamo che non è una fortuna fare gli esami nell’anno del terremoto. Ma i ragazzi sono stati più bravi degli altri anni. Hanno sentito la grande responsabilità che la comunità in quel momento  pretendeva da loro, così come da tutti.  Ognuno ha svolto – e continua a svolgere il suo lavoro.  Al contrario di quello che vi fanno vedere in tv o passa su certa stampa, tranne le dovute lodevoli eccezioni.  Abbiamo città e paesi ancora  distrutti. Ma troviamo la forza per andare avanti, proprio negli occhi di quei ragazzi, negli sguardi di chi immagina un futuro ed ha tutto il diritto di immaginarlo.  Le scuole dell’Aquila, di ogni ordine e grado, si trovavano quasi tutte nel centro storico,  diventato da allora Zona rossa. L’estate è stata utilizzata per ripristinare le poche scuole agibili e sono stati costruiti i M.U.S.P. ( Moduli ad Uso  Scolastico Provvisorio). I nostri studenti vanno a scuola in questi musp, continuano il loro percorso scolastico e tengono unita una comunità altrimenti frantumata,  dispersa. Una comunità intera che si è sentita mancare la terra sotto i piedi, ma  ha affrontato provvisorietà di ogni genere e di ogni tipo. E che va avanti, a denti stretti e a testa bassa. E qualche volta trova anche  la forza che non ha, nel guardare i vostri occhi di ragazzi e dirsi sottovoce: “ Ce la farete. Ce la faremo”.

Patrizia Tocci

PASSWORD: IN MEZZO AI LIBRI

Ho avuto, tra la fine d’anno e l’inzio di questo nuovo 2012 più di duemila contatti, in questo blog. Non l’ho mai fatto,  ma volevo ringraziarvi: sapete qual’è la mia ossessione: si chiama L’Aquila e ricostruzione.  Password è una trasmissione televisiva  che ho cominciato con una valida emittente locale , TVUNO diretta da Josafat Capulli     e in particolare per  tvuno Donna , grazie a Daniela Braccani; è una passeggiata in mezzo ai libri che amo, scegliendo di volta in volta amici e compagni scrittori, poeti e poetesse  di ogni tempo, artisti..musicisti…Ogni volta c’è una password nuova: quella di questa puntata, registrata in settembre, era La città.  Ho poi lavorato e realizzato altre password ( con la regia di Marcello Aromatario) su:  LA LUCE. IL GIARDINO, LA CITTà E I SUOI SCRITTORI, LA NEVE, LA MEMORIA, CANI E GATTI, GLI ALBERI.  Ne sto preparando altre 2: Il fiume, Il mare. Mi fa molto piacere condividerle con voi.

potete vederla nel link che vi ho postato qui sotto

 Grazie. Patrizia Tocci

http://youtu.be/qqGApKtzpgc

UN PAESE SENZA.

ho pensato spesso al grande poeta ligure  Montale, questi giorni. A Punta del mesco, a Monterosso, a Genova, alle  Cinque   terre a quei luoghi che ho imparato ad amare grazie alle sue poesie e poi ho visto con i miei occhi, cercando comumque le sue tracce…Genova per noi sono le canzoni di Lauzi e di Fossati,  o di de Andrè,.ed  ascoltare i racconti, vedere le facce, quel torrente di fango, sentire parlare dei telefonini che non funzionano, della luce che non c’è, delle polemiche di stamattina sull’eccesso di zelo di qualche amministratore che aveva deciso la chiusura delle scuuoole..Meglio essere denunciati per procurato allarme che per mancato allarme. Scrivo dall’Aquila e quindi so di che cosa sto parlando. Anche qui da noi e nonostante quello che abbiamo passato , la prevenzione non è ancora di moda. Anche per noi quella notte la spinta più forte era cercare i cari, le persone, riunirsi, incontrarsi. Ma eravamo tutti soli, allo sbando. Anche qui  tanti eroi silenziosi che hanno salvato vite umane e hanno pianto con noi, o sorriso quando ci sono riusciti..E intorno il caos, la paura, l’ansia, l’isolamento..e chi può dimenticare le gambe che tremavano, le case che crollavano, la polvere, la notte, la luna..il silenzio…le parole.  La verità è che bisogna ricominciare a pensare ad una parola: il bene comune e smetterla di chiamarlo Welfare ( che nessuno capisce cos’è). Bene comune o ministero della salute, pubblica. Però bisogna che ricominciamo ad osteggiare questi pochi che cercano solo di fare soldi: contrastare l’abusivismo, curare il territorio che è la nostra bellezza e la nostra risorsa fondamentale. Siamo un paese senza: un paese senza regole, senza soldi, senza attenzione ai più deboli, senza cura . E siamo il paese del Dopo. dopo i morti  nascono i nuovi enti, le commissioni, le indignazioni. Dopo. fino al giorno Dopo e poi tutto ricomincia uguale,  EUGENIO:  senza la tua villa con le due palme, senza la tua Punta del mesco, senza Monterosso, e senza..permettetemi di aggiungerlo, senz’Aquila.