AMARCORD: IO MI RICORDO.

LA CITTA’ CHE VOLEVA VOLARE

 

 

L’ho vista dal finestrino di un camper, la città che voleva volare. L’ho sentita e  vista tremare, nella notte. I lampioni che si muovevano, in una danza macabra. L’atmosfera rossastra, infernale. Una polvere sottile ed alta impediva persino di capire cosa non c’era più. Mutato improvvisamente  il profilo , mancavano dei campanili , c’erano dei vuoti ma la notte oscura proteggeva  cullando  la paura. che cresceva e montava come un mal di mare,  il terreno all’improvviso diventato liquido. La paura per i cari, per gli altri, per tutto. Una sensazione di perdita dell’equilibrio,  qualcosa di atavico che scatta: contemporaneamente i sensi tutti all’erta e un  ottundimento. Con la prima luce dell’alba, l’evidenza del disastro, la colonna sonora delle ambulanze, degli elicotteri , delle sirene, la ricerca spasmodica dei familiari, degli amici. L’aquila, un’aquila con le ali spalancate, la città sopra la collina. Voglio pensarla così, la mia città. Una città sospesa. C’erano, fino a qualche anno fa due aquile in gabbia, dentro una specie di piccola grotta, sulla strada del vecchio ospedale civile. Tutti gli aquilani le ricorderanno. Metafora  e simbolo della città.  Perché questa città, invece, deve “restare a terra”, ingabbiata, ferita, ma qui, su questa collina dalla quale ha tentato altre volte di prendere il volo. Non la lasceremo volare. Le cureremo le ali spezzate, le zampe ferite ma solo a patto che resti dov’è prigioniera dei nostri sogni e delle nostre paure, e che la sua gabbia diventi la nostra salvezza. La città sospesa, non la città fantasma. Certo molte vite  perdute, certo le strade tutte vuote, certo le macerie. I sogni custoditi dalle case  anch’esse in frantumi e sbriciolate.

E’ stata una via crucis di ricordi, mentre camminavamo in fila indiana in Via Garibaldi, al centro della strada vuota,  con gli elmetti sulla testa; un pellegrinaggio silenzioso. I vigili del fuoco – ragazzi e uomini rudi e gentili, a farci compagnia e a guidarci come si fa con i piccoli scolari a cui si vuole bene , discreti, attenti, vigili; perché  saremmo rimasti ore dentro le case a prendere l’utile e l’inutile, con il rischio di mettere a repentaglio la nostra vita e la loro. Voglio ringraziare Raffaele, un vigile di Pisa. Non so altro di lui. Ma la sua stretta di mano e la reciproca commozione mi basterà per molto. Uno per tutti quelli che in questi giorni ci hanno aiutato, sorretto, capito, ascoltato. Perché in questi momenti si diventa davvero un “ ci” un noi;  gente  fiera e caparbia, che cela le emozioni, nasconde le lacrime e si sottrae alle telecamere,  comunica il dolore  con poche parole.  Tutte le persone che abbiamo incontrato:  una stretta di mano, la lista dei lutti, la casa, “ tutto bene e adesso dove vai … ?” Tra le tante,  due immagini conservo : una ciabatta impolverata, una sola che qualcuno aveva pietosamente messo  su un muretto e un gatto macilento a cui abbiamo dato dell’acqua.  Ci sarà tempo per i ricordi, per elaborare tutto questo. Non è ancora il momento. Quella ciabatta sapeva di casa e di fuga. Anche lei spaiata e disorientata, anche lei in cerca dell’altra di sé. Manca tutta una parte della mia identità: le cose, gli odori, i rumori e i suoni, le piccole abitudini quotidiane, le certezze. Ma se i simboli hanno un senso, L’Aquila deve restare così com’è nel gonfalone della nostra città. Ferma, con le ali spalancate sulla collina. Incatenata a terra da uomini resi più saggi dal dolore. Fissata con sapienza alla terra,  nei piloni delle sue stanze, nelle fondamenta. Il gatto magro ma vivo, a guardia della casa. Ricostruiremo le case della nostra città. Riempiremo le strade e le finestre, apriremo  scuole e uffici, saracinesche e vetrine. Torneremo, come dopo una lunga transumanza. Siamo abituati alle lunghe attese e a vivere sobriamente.  Voglio dedicare a Giustino Parisse e a sua moglie questi pensieri, a quell’ immenso dolore. A tutti quelli che in questo momento soffrono, spaesati, lontani, divisi. A tutti quelli che lottano perché la nostra città resti dov’è e come era.

tratto da : Patrizia Tocci, La città che voleva volare, Tabula fati solfanelli 2010

http://youtu.be/QkUbbFgN1yU

PASSWORD: IN MEZZO AI LIBRI

Ho avuto, tra la fine d’anno e l’inzio di questo nuovo 2012 più di duemila contatti, in questo blog. Non l’ho mai fatto,  ma volevo ringraziarvi: sapete qual’è la mia ossessione: si chiama L’Aquila e ricostruzione.  Password è una trasmissione televisiva  che ho cominciato con una valida emittente locale , TVUNO diretta da Josafat Capulli     e in particolare per  tvuno Donna , grazie a Daniela Braccani; è una passeggiata in mezzo ai libri che amo, scegliendo di volta in volta amici e compagni scrittori, poeti e poetesse  di ogni tempo, artisti..musicisti…Ogni volta c’è una password nuova: quella di questa puntata, registrata in settembre, era La città.  Ho poi lavorato e realizzato altre password ( con la regia di Marcello Aromatario) su:  LA LUCE. IL GIARDINO, LA CITTà E I SUOI SCRITTORI, LA NEVE, LA MEMORIA, CANI E GATTI, GLI ALBERI.  Ne sto preparando altre 2: Il fiume, Il mare. Mi fa molto piacere condividerle con voi.

potete vederla nel link che vi ho postato qui sotto

 Grazie. Patrizia Tocci

http://youtu.be/qqGApKtzpgc