ALFABETO R come Rosa dI Patrizia Tocci. “ Ch’io ho veduto tutto ‘l verno prima / lo prun mostrarsi rigido e feroce / poscia portar la rosa in su la cima” .
Nel canto XIII del Paradiso, attraverso la lezione di San Tommaso, Dante ci esorta a non fidarci mai delle apparenze, con un esempio di chiara evidenza. Il pruno, feroce di spine, chiuso e inaccessibile, silenzioso e stecchito durante l’ inverno: eppure in quella corteccia translucida, nell’ intrico di quei rami neri, in mezzo alle spine cova la promessa di una rosa. La prima, e sboccerà più in alto delle altre, appena finisce l’ inverno e si adempiono le promesse del sole. Una rosa è una rosa e Dante rinuncia a descriverla. Ma la sua meraviglia è anche la nostra, quando, da una pianta che sembrava morta e abbandonata, ecco affacciarsi una nuova vita. Le piante sono esseri viventi. Forse soffrono e ridono, nelle case che abitano con noi. Ci ascoltano. Conoscono la nostra musica, i rumori, gli orari e le parole della nostra giornata. Ci ricordano una natura ricca, vicina, lussureggiante. Quella che abbiamo perduto, stravolto, dimenticato negli inverni e inferni di cemento che crescono sempre di più. Ci ricordano il colore verde della vita, della speranza. Il difficile e lungo tempo dell’attesa, pieno di dubbi ma necessario. D’ altra parte la parola “paradiso” significa prima di tutto “ giardino”. ( pubblicato su Il Centro, quotidiano regionale Abruzzese)