“ …come la mosca cede alla zanzara,
Vede lucciole giù per la vallea
Forse cola’ dove vendemmia ed ara … Inferno, canto XXVI. Se fosse stato possibile il nostro viaggiatore pellegrino avrebbe portato con se una macchina fotografica. O forse no. Dante e’ un entomologo capace di costruire una geografia immaginaria tra microcosmo e macrocosmo, trasformare il dettaglio in una splendida metafora : mosche, lucciole e zanzare, piccolissimi insetti diventano essenziali nel suo mondo poetico. La mosca cede alla zanzara nel passaggio dalla primavera all’ estate, e con precisione quasi maniacale nell’ora del tramonto, quando le zanzare diventano più insidiose. Pasolini, negli Scritti corsari, usa la metafora della scomparsa delle lucciole per sottolineare “ un ricordo, abbastanza straziante del passato”. Eppure sembra stiano tornando, le lucciole: nonostante l’ inquinamento luminoso, i fitofarmaci e le monocolture. Conservo in me la ricchezza di aver visto da bambina – lucciole belle, venite da me, sono principessa son figlia del re – le lucciole sciamare nell’ inchiostro liquido della notte, tante quante le anime che bruciavano nella bolgia. Ognuno, come accade per l’ Ulisse che Dante ha immaginato, procede nel suo viaggio paradisiaco o infernale, illuminato e vinto dalla luce che porta con se’: quella del suo desiderio.
( ripr. riserv. Pubblicato su @ilcentro quotidianoregionale)