Tra l’ autunno e l’inverno, appena splende un giorno di sole, persino le commesse dei negozi
si affacciano sulla porta. Le spiagge tornano lunghe, vuote degli ombrelloni, e la notte dilaga rapidamente tra le case, presto, sempre troppo presto. Nei piccoli paesi di montagna si accendono i camini e I fumi salgono dritti nell’aria pulita. Ė una terra di nessuno quella tra l’autunno e l’inverno . Gli studenti -la generazione delle felpe- nascondono le orecchie nel cappuccio e le riempiono della loro musica. Portano tutti e tutte pantaloni stretti in fondo con il risvoltino alzato, da cui si intravvedono stinchi e caviglie nude. Sfidano così I rigori di un inverno ancora mite. Ricompaiono sciarpe e guanti, cappelli e baschi. Fumano le sigarette e il fiato. Sono giornate avare di luce e si riscopre il piacere del caldo di una casa, pensieri nascosti dietro vetri apwpannati. Arrivano zaffate di vento gelido, dal nord. Inizia il rituale dei regali; qualcuno ha già preparato l’albero di Natale. Le città scintillano. Siamo alla fine di un altro anno, con un po’ di nostalgia per quello che sta finendo. Bisognerebbe cominciare a guardare nello zaino del 2017, per vedere ciò che ci ha portato e che vorremmo conservare. Mi piacerebbe potervi augurare che il vostro zaino contenga, tra le altre cose, una cipolla. Perché la poesia è anche una cipolla. Levi uno strato, una foglia e sotto ancora un altro strato di carta velina e poi ancora e ancora, fino ad arrivare a quella specie di germe verde, il seme del cuore. Gli anni che si sovrappongono sembrano così sottili che qualche volta facciamo difficoltà a ricordare un nome, un volto, quel momento, quel giorno. Ma quelle ore, quei giorni e quei volti sono tutti dentro di noi. In una cupola trasparente. Se riesci a fare silenzio, tra tuoi pensieri, puoi sentirli piangere, puoi sentirli ridere. Sono la nostra povera ricchezza, il nostro sapore agrodolce. La nostra verità.