Un maschiaccio
Sono stata per anni un maschiaccio, per desiderio di libertà ed indipendenza, per negare un corpo diventato donna troppo in fretta per la mia immmaturità psicologica. Mi piaceva ancora giocare con le biglie, su quelle piste in terra battuta, con stradine e percorsi da formula uno. Un campo da golf per ragazzini di un piccolo paese di montagna dove già diventare adulti era una fatica ed una grande responsabilità. Se femmina, la fatica era doppia. Avevo sempre le ginocchia sbucciate e fu un sollievo quando mia madre ( a cui devo di essere diventata come sono) decise di indossare i pantaloni, con grande scandalo nel piccolo paese. E finalmente li indossai anche io. Che grande libertà, per questo piccolo dettaglio. Mi sentivo come quelle donne del far west a cui avessero tolto le crinoline e potevano correre, saltare, arrampicarsi senza più timore. Sono stata un maschiaccio per lungo tempo. Ho recuperato solo più tardi la mia femminilità. All’ edicola compravo i fumetti di Zagor, di Black il macigno, avevo una passione per Criminal e Diabolik. E anche questo era sbagliato, come pensare ad una realtà che non fosse solo quella di futura madre e futura sposa. Altre donne – la nonna- mi insegnavano a fare l’uncinetto, la maglia, un po’ di ago e filo, cucinare. Ma la mia testa era già altrove. E come scrive Margherita Yourcenar, la mia prima patria sono stati i libri. Devo molto a due scrittrici e due testi: Una donna di Sibilla Aleramo e Una stanza tutta per se di Virginia Woolf. Lì ho scoperto altri mondi, ho capito che c’era spazio per i miei sogni e per i miei desideri. Conquiste faticose, per niente scontate, se ancora oggi sono messe in pericolo da tutto e da tutti. Ci sono ancora differenze di retribuzione, negli ambienti lavorativi: poche donne nelle figure apicali di qualsiasi azienda, al vertice. Eppure non si molla di un centimetro. Anzi. E mi piacciono queste ragazze di oggi, anche quelle con i capelli azzurri o viola, i loro sogni, il loro modo di sognare spazi. Spero di aver cresciuto una figlia forte e libera. E mi piace vedere i papà in giro con carrozzella e biberon al seguito, coppie che si dividono la cura dei figli e della casa. Piano, piano. Ho visto finalmente, per la prima volta, uomini maschi indossare scarpe rosse contro i femminicidio che altri uomini maschi perpetuano con terribile puntualità statistica contro le “loro” donne che magari avevano altri progetti altri spazi e sogni che non li includevano più. Scarpe e mascherina rossa, per un flashmob organizzato da Paolo Zanone, imprenditore e direttore artistico della compagnia Teatrando di Biella. Sono mutamenti lenti. Ma solo insieme, uomini e donne, possiamo sperare di farcela. Solo insieme, dividendo gli spazi e moltiplicando i sogni.