Sull’ altalena ( Carboncino)
Da giovane è stato un hippy. Ha girato il mondo. In India, in Cina e nel deserto. I suoi racconti li ascolti volentieri. Viaggi fatti con poche lire, ma con una curiosità sempre inappagata. Poi, ci si stabilisce in un luogo, uno dei tanti. Lavoro, famiglia e un camper che per alcuni anni soddisfa ancora il bisogno di andare e conoscere luoghi diversi. Mi racconta la sua vita e io la scrivo, a volte. Nascono così ricordi di seconda mano. Mi parla di un frutto misterioso, color rosso corallo, morbido, saporito, che ha un gusto indefinibile. Scavalcava un cancello ed un muro per rubarlo: ora però non ne ricorda il nome . E c’era solo quell’ albero in tutta la città. Che forma ha l’ albero o la foglia – gli chiedo, per aiutarlo a ricordare. Lo provoco: forse non esiste. Forse è solo uno dei tuoi sogni. Oppure snocciolo, divertita: sarà una mela asprigna? Una bacca di ginepro? Una nespola troppo matura? Macché! Forse ricordi male o potrebbe essere un frutto giapponese, venuto a nascere per sbaglio in quella città, nascosta tra una chiostra di montagne.
Poi, la vita è una sorpresa continua. E un giorno di un autunno mite, mentre passeggiamo accanto al mare eccolo! Il frutto rosso, tondo, con la buccia increspata, e dentro la polpa morbida. Eccolo lì, come si fossero dati appuntamento proprio su quel lungomare, in quella aiuola. Come un amico che non vedi da tanto: cambiato quel poco che lo riconosci subito. Eccolo, il frutto che risale le discese e le scalinate dell’ infanzia, ricorda sassaiole, giochi semplici. E’ rimasto in un angolino di un libro, il sapore del corbezzolo. Stava nascosto in giardino proibito, dietro un cancello aguzzo e difficile da scavalcare, proprio accanto a un muretto sbreccato, protetto dal vento e dalla neve. Perché così fa la vita: ti afferra alla gola, ti adesca con un sapore mai del tutto perduto, e sei sempre bambino, su quell’ altalena che sai.