Le carriole dovevano esserci, al corteo della perdonanza. Per le ragioni che proverò a spiegare. Quando a novembre del 2009 lanciai dalle pagine del quotidiano IL CENTRO la provocazione delle carriole, il mio intento era quello di riappropriarci di ciò che ci era stato tolto: capacità decisionale e possibilità di decidere il nostro futuro. La città era piena di macerie e le responsabilità venivano scaricate dagli uni agli altri. La Carriola mi sembrava perfetta per vari motivi: uno strumento individuale ( così ognuno avrebbe portato il suo carico) e soprattutto uno strumento di lavoro ecologico…del singolo abituato a fare, a lavorare, a riaggiustare..insomma uno sciopero alla rovescia ( Danilo Dolci) : voglio lavorare per la mia città. Questo simbolo ha fatto breccia ed è diventato di molti, fino ad essere condiviso da 6.000 persone. Un’ immagine che ha fatto il giro del mondo; siamo noti ormai per il terremoto e per le carriole. Ma i due momenti sono strettamente legati e interconnessi. La perdonanza del 2010 non poteva non tener conto di questo pezzo della nostra storia. Anzi, avrei voluto vedere qualcosa che ricordasse il terremoto, le vittime il dolore. Non questa voglia feroce e veloce di dimenticare tutto al più presto, . di fare come se il terremoto non ci fosse stato, non avesse distrutto un intera città e interi paesi…Certo che bisogna tornare a vivere, ed è proprio per questo che le carriole dovevano stare li, nel corteo, alla fine di tutto: dopo le città gemellate e gli sbandieratori, dopo l’Università e i suoi rappresentanti, dopo le associazioni musicali e gli asinelli, dopo i falconi e i falconieri, dopo la Croce rossa e l’Avis, dopo i bambini in costume e le damigelle, dopo le Confraternite e le autorità…dopo. Alla fine di tutto le carriole, il popolo delle carriole. perchè è da questa storia che deve cominciare adesso la nostra cronologia. I ( primo ) anno dopo il terremoto. Prima perdonanza celestiniana. Forse solo così, solo tenendo bene a mente quello che è successo; forse da qui possiamo ricominciare.
Patrizia Tocci
Patrizia Tocci